Fino a poco più di cinquant’anni fa nella nostra città strettamente legata alla produzione dell’olio d’oliva era l’industria del sapone, il cui commercio – riferisce in alcune sue ricerche Michele Ciracì – era legato da precise regole mercantili stabilite addirittura negli Antichi Capitoli, Statuti e Consuetudini dell’Università di Ceglie e redatti sin dalla seconda metà del XVI secolo. L’arte di confezionare e commerciare il sapone era un’attività molto antica e diffusa, come testimoniano i catasti e gli archivi antichi. Nel Catasto di Ceglie del 1748 sono registrati diversi contribuenti proprietari di “catare†(caldaie), in cui veniva cotto l’olio allo scopo di ottenerne sapone.
Tra il Settecento e l’Ottocento in paese erano addette alla fabbricazione del sapone una decina di famiglie.
Piccole botteghe e saponerie erano situate nella zona antica; ad esempio, sempre nell’antico Catasto di Ceglie si segnala nel Borgo la presenza di una saponeria accanto ad un trappeto (frantoio) appartenente alla famiglia Santoro, mentre un altro trappeto, detto “della saponeriaâ€, di proprietà dei Greco era nelle immediate vicinanze del Convento dei Domenicani.
Si lavorava il sapone in locali appartenenti alle rispettive famiglie (quasi sempre sottani); le più conosciute erano i Di Oronzo e i Castellana, di cui possiamo conoscere la produzione attraverso una superstite documentazione pervenuta e racconti orali, come quelli della maestra Nenetta Castellana, oggi ottantenne, figlia del più rinomato “saponaro†di Ceglie. Giovanni Castellana era noto per la sua arte e perizia nel fabbricare sapone ben oltre i confini regionali. Nel 1913 fu l’unico imprenditore italiano a ricevere una medaglia d’oro e un diploma d’onore alla “Exposition Internationale du Modern Confort†di Parigi per aver presentato “un sapone unico e di grande qualità ” ( cimeli ancora oggi custoditi gelosamente dalla figlia Nenetta).
La signorina Castellana riferisce che il padre era uno dei pochi a conoscere perfettamente i segreti per preparare a regola d’arte il sapone, che nella consistenza giusta e nell’aspetto doveva somigliare al miele. Il sig. Castellana a quei tempi era noto in tutta la nostra Regione per la lavorazione del prodotto e si avvaleva dei servizi di numerosi lavoranti, il più conosciuto era Pasquale Giordano, anche se l’ultima parola sulla preparazione dell’antico cosmetico spettava sempre a lui.
Per preparare la “lisciva” ci si serviva di alcuni prodotti naturali: cenere (quella più indicata proveniva dalla combustione di alberi di noce o di olivo) e calce; la cenere veniva mescolata con la calce in polvere in grandi vasi di terracotta, di circa un metro di diametro ed il tutto veniva battuto in continuazione, aggiungendo l’acqua necessaria per amalgamar eper bene cenere e calce. Il prodotto ricavato – come ci conferma sempre la signorina Castellana – era la lisciva; poi si metteva a cuocere insieme a dell’olio di oliva si girava e batteva il tutto con un pesto, aggiungendo di tanto in tanto dell’acqua. Il prodotto ultimo era sempre la lisciva.
Molte famiglie di saponari svolgevano il loro mestiere in soluzione di continuità da padre in figlio e per ottenere un sapone di alta qualità e diverso da quello prodotto da altri usavano formule segrete custodite gelosamente e ancora oggi sconosciute.
La cenere, fino agli anni ’40-’45 del secolo scorso, era molto richiesta dai saponari; era frequente vedere in giro i raccoglitori o le raccoglitrici di questo prodotto, i quali con un asinello o con le bisacce a tracolla raccoglievano la cenere del camino o del braciere dalle massaie e si radunavano al grido: “u cinerare, a ci tene a cenere!” Chi forniva la cenere veniva ripagata da una “leccata” di sapone che gli addetti alla raccolta portavano stesa su una tavoletta di legno rettangolare con un lungo manico.
Durante la Seconda Guerra Mondiale la produzione del sapone artigianale venne proibita dal Regime, perché l’olio con cui si confezionava era richiesto per altri scopi.
Tuttavia, questo prodotto, indispensabile per la pulizia personale e per lavare i panni, in particolare dei bambini, venne prodotto di contrabbando, in alcune abitazioni in città , ma soprattutto in campagna, anche di chi non era “sapunare†per mestiere: usando olio d’oliva, soda caustica o cenere e farina si preparava il sapone che occorreva alla famiglia. Tale metodo di fabbricazione casalinga del sapone era articolato in una semplice successione di operazioni: si scioglieva la soda versandola nell’olio, si aggiungeva man mano la farina, girando continuamente con un’asta di legno per meglio amalgamare i componenti e creare una specie di “pasta” che si lasciava riposare per alcuni giorni e poi si tagliava a pezzi.
Il professore Gaetano Scatigna Minghetti, ricorda bene gli ultimi discreti e riservati artigiani saponari di Ceglie. Racconta come, da bambino, fosse ammaliato dal delizioso aspetto del sapone che a prima vista sembrava marmellata e dal profumo che emanavano i preparati destinati a divenire sapone; molte volte era tentato dal mettere le mani in tali emulsioni dal colore dell’oro lucente e dall’assaggiarle, nonostante sapesse che erano prodotti tossici e assolutamente non adatti da ingerire.
Prima di terminare questo articolo, un’ultima curiosità . La signorina Nenetta Castellana, racconta come il padre, dopo aver preparato il sapone, prima di mettere a riposare l’emulsione lo assaggiava con la punta della lingua; tuttavia dopo anni di “assaggio” era diventata insensibile, ed era costretto a rivolgersi alla moglie, per capire se la poltiglia preparata era destinata a diventare un ottimo sapone in grado di competere sui mercati nazionali, se vi erano delle imperfezioni, o il sapone era troppo acido o molle; egli era sempre in grado di correggere l’errore in corso d’opera. La ricetta che propongo ai lettori su come si confezionava artigianalmente il sapone mi è stata, invece, dettata da Pietro Maggiore, decano dei Geometri della Provincia di Brindisi che, dopo cinquantacinque anni esercita ancora con successo la sua professione; la professione in tutti questi anni lo ha portato a conoscere e frequentare persone di tutte le età e condizioni sociali, immagazzinando conoscenze, segreti e tradizioni della millenaria civiltà cegliese.
Pietro Maggiore è, quindi, un pozzo al quale attingere curiosità , notizie, avvenimenti, termini dialettali e conoscenze del lavoro contadino, ma è soprattutto un esempio di umanità e professionalità a cui noi giovani dobbiamo ispirarci e guardare con rispetto.
“Ricetta del sapone prodotto con metodi artigianali e naturali†(per gentile concessione del Geometra Pietro Maggiore)
INGREDIENTI:
1) Cenere abbondante ripulita e setacciata (meglio se proveniente dalla legna di olivo);
2) Olio di oliva in quantità necessaria (anche forte);
3) Vaso di terracotta o recipiente in legno con un foro sul fondo.
PROCEDIMENTO:
1) Cenere abbondante ripulita da eventuali pezzetti di carbone;
2) Versare la cenere nel recipiente;
3) Versare dell’acqua fredda molto lentamente e girare continuamente la poltiglia;
4) Raccogliere l’acqua che esce;
5) Versarla in un apposito contenitore, aggiungendo l’olio in quantità necessaria per far amalgamare il composto, in rapporto di 1 litro di olio ogni 5 litri di acqua filtrata (lisciva);
6) Mettere a bollire a fuoco lento;
7) Durante la bollitura mescolare il prodotto girando sempre in un senso;
8) Quando il composto ha raggiunto una densità consistente, tipo crema pasticcera, spegnere;
9) Versare il composto caldo negli stampini.
N.B. Se alla fine il composto non risulterà molto denso, va fatto raffreddare, va versato in un grande contenitore e chiuso ermeticamente.
Tale sapone, secondo Maggiore, è adatto alle persone che hanno la pelle sensibile e soffrono di allergie ai saponi in commercio ai giorni nostri.
A seconda del filtro che si usava sul fondo del recipiente – riferisce sempre Maggiore – si ottenevano diverse gradazioni di colore: per esempio, se si usava un filtro di stoffa, si otteneva un colore ambrato, mentre se si usava come filtro la paglia d’orzo o di fieno, il colore del preparato era più dorato.
Ringrazio per le notizie e le testimonianze Michele Ciracì, il professore Gaetano Scatigna Minghetti, la maestra Antonia Castellana ed il geometra Pietro Maggiore.
Domenico Barletta
ciao
Molto interessante questo articolo.
Scoperto per caso cercando la ricerca per fare il sapone in casa.
Proverò a farlo nei prossimi giorni, se avete suggerimenti e consigli accetto volentieri.
annamaria
SALVE, VORREI SEGNALARE CHE A PALERMO ESISTE ANCORA UN’AZIENZA DI PRODUZIONE DI SAPONE MOLLE, CHE UTILIZZA LA RICETTA ANTICA UTILIZZANDO OLI D’OLIVA SAPONIFICATI A VAPORE SECONDO LA TRADIZIONE ASSOLUTAMENTE BIODEGRADABILE E ANALLERGICO.
Ciao! Proverò! Qualcuno mi dare dei dettagli sulla filtratura dell’acqua? Grazie.
ciao, ho trovato questa storia interessante e vorrei fare un annuncio a Garofalo Maria Teresa che ci informa di un’azienda esistente a Palermo, mi piacerebbe visitarla se e’ possibile avere l’indirizzo o il nome dell’azienda grazie !!
E’ interessante proverò a farlo,ma volevo sapere quanto rimane morbido?Poi posso mischiare miele olii essenziali?sequalcuno mi risponde ne sarei lieta.GRAZIE A TUTTI.
E’ un articolo molto interessante!..mi piacerebbe davvero molto imparare a fare il sapone con la cenere ma ci sono un paio di punti nellla spiegazione del procedimento che non ho capito bene: il punto quattro parla di “acqua che esce” ma da dove? dal filtro di stoffa o di paglia d’orzo o fieno? ciao ciao e grazie! 🙂
a chi interessa do la mia ricetta,io lo faccio da 2 anni:
per la lisciva:
in un contenitore metti la cenere e poi versa sopra acqua bollente aspetta che si inzuppi e poi versa ancora un po d’acqua fino a copreirene con un dito la cenere.
a questo punto la cenere inizia ,per reazione chimica,a bollire.
quando è fredda filtrala con uno straccio e spremi anche quella che è inzuppata nella cenere(con i guanti perchè pizzica parecchio)
ora versa 2 parti di grassi(io uso o olio di oliva oppure strutto che ho in abbondanza) e 1 di lisciva in una pentola,fai scaldare a fuoco bassissimo,appena il composto diventa cremoso mescola col cucchiaio di acciaio e appoggialo su una superfice fredda,guarda se lascia sulla superfice qualcosa tipo maionese oppure olio.
se lascia olio,e lo fa sempre,devi aggiungere lisciva.
a questo punto aggiungi poco alla volta la lisciva calda,attenzione,ogni volta che la versi fa schiuma,aspetta che la schiuma scenda prima di versarne ancora,puo essere che si arrivi ad un rapporto finale di lisciva grassi anche di 5 a 1 in favore della lisciva..
versane finche non si vede che versandola non schiuma piu!
ora bisogna mescolare un po e lasciar cuocere lentamente finche non diventa una crema della consistenza della polenta.
qui si possono aggiungere oli essenziali o altro,io lo faccio se la base grassa è strutto,se è oliva lo lascio naturale.
adesso,con un cucchiaio si prende il sapone e lo si versa negli stampi,possibilmente di legno,dopo 48-72 ore si puo estrarre dagli stampi ma se aspetti di piu non cambia nulla anzi!!!
il sapone è pronto dopo minimo 4 mesi di stagionatura.
ps:per vedere se c’è eccesso di lisciva,si puo lasciare raffreddare il composto,se compare un filo di olio non saponificato intorno alle pareti della pentola vuol dire che il composto è perfetto.
Molto interessante grazie del consiglio.
GRAZIE, molto interessanti le informazioni,
non capisco però una cosa, riporto a grandi linee una spiegazione per fare il sapone partendo dalla lisciva che ho letto in un forum,”sapone esclusivamente con liscivia di cenere ricavata con acqua piovana, e olio extravergine → i migliori risultati:
lasciar bollire a lungo la liscivia per concentrarla,
aggiungere olio in abbondanza ben oltre la dose che effettivamente viene saponificata così da eliminare tutta la liscivia… l’olio in eccesso poi si recupera per le successive saponette.
Il prodotto risulta compatto e utilizzabile dopo soli tre-quattro giorni… ”
voi avete fatto praticamente il contrario, avete aggiunto lisciva e non olio?!?!?!?
non ci capisco più niente!
altro punto, se volessi ottenere un detergente liquido dove l’emulsione olio -lisciva sia buona e non si separi, mi basterebbe mettere insieme i due ingredienti e lasciarli bollire? una volta freddo verificare se è sempre emulsionato o si separa e quindi nel secondo caso rimettere sul fuoco aggiungendo o lisciva o olio?
Grazie x i consigli molto interessante il tutto, voglio provare!
Ho conosciuto una persona che produce sapone artigianale usando la cenere però usa anche delle farine tipo di riso e crusca nel’ impasto… Qualcuno gentilmente può indicarmi quando vanno introdotte nel sapone e le quantità ? Grazie mille
Per anna:il metodo che citi tu di abbondare con l olio é una soluzione per forzare la maturazione del sapone.
Con la maturazione di minimo 4 mesi si ha la sparizione della potassa (ma anche della soda a seconda di cosa si usi )con il trucco che citi tu si ha un sapone usabile da subito ma che non ha tutte quelle caratteristiche chimiche che la maturazione prolungata produce in più il sapone,contenendo olio non saponificato irrancidisce facilmente.
Ti faccio l esempio dell aleppo o del marsiglia che maturano per minimo 12 mesi.
Per giulia:le farine,la calce ,ecc ecc servono a solidificare il sapone (a marsiglia si usa l acqua di mare perché il sodio contenuto in essa si sostituisce alla potassa rendendo duro e bianco il sapone )
Personalmente mi trovo benissimo con la mia ricetta postata piu in su,ho saponi.maturati due anni che sono di una delicatezza unica anche se hanno l odore pessimo del sapone di aleppo 😉